Il Parlamento brasiliano approva una controversa riforma delle norme ambientali. Critiche dal ministro Marina Silva. Lula valuta il veto presidenziale
La Camera bassa del Brasile ha approvato giovedì una riforma controversa della normativa ambientale, sollevando critiche da parte di ambientalisti e della ministra dell'Ambiente, Marina Silva, che ha parlato di possibile veto da parte del presidente Luiz Inacio Lula da Silva.
Il disegno di legge, già passato al Senato a maggio, introduce una procedura semplificata per i progetti considerati prioritari dal governo, passando da tre fasi di valutazione a una sola.
Tra le misure più criticate, l’eliminazione delle revisioni ambientali per l’aggiornamento di infrastrutture esistenti, come autostrade che attraversano aree forestali dell’Amazzonia. Gli attivisti temono che possa facilitare la deforestazione su larga scala in zone ancora intatte della foresta pluviale.
Il provvedimento è passato con 267 voti favorevoli e 116 contrari. Secondo i sostenitori, la legge modernizza e velocizza un sistema burocratico obsoleto. Ma per ambientalisti e ong è un grave passo indietro.
“Legge della devastazione”
“È il peggior atto legislativo mai approvato dal punto di vista ambientale”, ha dichiarato Suely Araújo, esperta del Climate Observatory. Al centro delle critiche vi è l’introduzione di un meccanismo di autodichiarazione per ottenere licenze, che secondo Araújo riguarderà fino al 90 per cento dei progetti nel Paese: “Le aziende compileranno un modulo online, premeranno un bottone e riceveranno la licenza”.
Anche la ministra dell’Ambiente Marina Silva ha espresso forti riserve: “Questa legge mina l’impianto normativo ambientale. Stiamo valutando possibili alternative, incluso un veto da parte del presidente”.
Lula, che ospiterà la Cop30 nel 2025 in Amazzonia e ha costruito gran parte della sua immagine internazionale sulla difesa dell’ambiente, non ha ancora chiarito quale decisione intenda prendere.
La riforma ha suscitato la reazione di oltre 300 ong, tra cui Greenpeace e Wwf Brasile, che hanno firmato una petizione per chiedere lo stop alla proposta, definendola “un’enorme battuta d’arresto istituzionale e la fine di 40 anni di progresso nella legislazione ambientale brasiliana”.